LECCO – “Quanto costa comprare un amico o l’amore? Sono un uomo ricco, ma i soldi non mi interessano. Mi sono successe cose straordinarie: ho percepito la presenza di Dio nei migranti”.
Due sale gremite hanno accolto Padre Alejandro Solalinde, sacerdote messicano candidato Nobel per la pace 2017, presente nella serata di mercoledì alla Casa sul Pozzo, a Chiuso, per la presentazione del suo ultimo libro “I narcos mi vogliono morto. Messico, un prete contro i trafficanti di uomini” (edito da ’emi’).
Tanti i temi affrontati nel corso dell’incontro moderato dal giornalista Gerolamo Fazzini, con le traduzioni di Carlo Fazzini. Troppo spesso la lontananza geografica trasmette l’illusoria autorizzazione all’indifferenza verso i paesi dell’altra parte del Globo. Anche il Messico, con i suoi 20mila ‘indocumentados’, i narcos, i traffici e la corruzione, non è un mondo distinto dal nostro: in queste terre opera Padre Alejandro, difensore dei diritti umani e fondatore di “Hermanos en el Camino” un centro di aiuto per i migranti che dal centro America sono diretti verso gli Stati Uniti.
“Sono un sacerdote ‘anormale’ mi prendo cura dei migranti, loro hanno trasformato la mia vita, ho dovuto affrontare un mondo crudele che li tratta come merce, per fare soldi – ha spiegato padre Alejandro tracciando i contorni del vero e proprio Olocausto in corso in terra messicana – i migranti sono poveri solo apparentemente, non hanno nulla, ma in realtà sono i più ricchi perché Dio cammina con loro” ha poi continuato il sacerdote che oggi vive sotto scorta dopo ripetute minacce, attacchi e maltrattamenti da parte di organizzazioni xenofobe e di autorità locali.
Una realtà, quella messicana, poco conosciuta in Italia, di fatto, però, il flusso di migranti che attraversa il Paese è diventato talmente ingente da configurarsi come una crisi umanitaria. Così uomini, ma soprattutto donne e minori si imbarcano su treni merci dove subiscono sequestri di massa, stupri e torture da parte del crimine organizzato e dalle forze di polizia. “Ci sono membri del governo e degli organi di vigilanza corrotti che traggono profitto dai migranti” ha commentato padre Solalinde che li accoglie a “Hermanos en el Camino”, dove fra i dormitori, la fattoria, la carpenteria, ma anche la biblioteca e la zona per famiglie si può ritrovare un po’ di pace e la speranza; “non dobbiamo perdere la speranza: il denaro e il presidente Trump passeranno, ma i migranti no, ci saranno ancora perché Dio è con loro”.
Nel dialogo ha trovato spazio, fra le tante contraddizioni quella legata all’innovazione, “se penso alla violenza contro i migranti credo che l’umanità sia vicina all’era delle caverne, la tecnologia corre veloce, ma la solidarietà non cresce allo stesso modo” ha concluso il padre che in questi giorni è impegnato in un vero e proprio tour fra diciannove città italiane per puntare l’attenzione su una realtà che riguarda tutti e va oltre le distanze geografiche.