
LECCO – L’indagine che ha smascherato la cellula jihadista nel lecchese, culminata con gli arresti di giovedì, probabilmente non avrebbe avuto inizio senza l’azione di controllo del territorio da parte dei carabinieri.
“Da tempo abbiamo sviluppato un contatto con le realtà islamiche, un’attività d’informazione apprezzata dalla stessa comunità musulmana che, da quel che ho potuto vedere, vuole allontanarsi da questi fenomeni che possono danneggiarle”.
A parlare è il comandante provinciale dei Carabinieri di Lecco, il tenente colonnello Rocco Italiano, che ha solo parole di apprezzamento per il lavoro svolto dai propri uomini e sul buon esito delle indagini.
“E’ grazie ai questi contatti, attraverso il responsabile di un centro di culto a Lecco, che abbiamo saputo della mancanza da qualche tempo alla preghiera dei coniugi Mohamed Koraichi e Alice Brignoli. E’ stata quindi interpellata la madre di lei che ha confermato di aver perso da tempo i contatti con la propria figlia e i nipoti”.
La coppia, si saprà solo successivamente, era già partita per la Siria insieme ai loro tre bimbi e teneva i contatti, attraverso la sorella Wafa Koraichi, con gli altri tre aspiranti combattenti, la coppia residente a Lecco e un 23enne marocchino (vedi articolo).
“E’ stato avvisato per competenza il Ros e la Procura che ha aperto un fascicolo – prosegue Italiano – a quel punto è stato possibile effettuare la perquisizione della loro casa a Bulciago dove sono state rinvenute bandiere dell’Isis e la foto del califfo Abu Bakr al-Baghdadi. A quel punto è stato chiaro che ci trovavamo di fronte ad un caso di terrorismo di natura confessionale”.
Le informazioni passano al Ros che inizia le indagini, la Digos si mette sulle tracce dei sospetti, il tutto sotto il coordinamento dalla Procura distrettuale Antimafia e Antiterrorismo.
“Fondamentale è stata la capacità di interpretare i segnali che giungevano dal territorio, la condivisione delle informazioni con il Ros e la collaborazione vincente con la Digos. Il lavoro di squadra paga sempre – ha commentato il comandante provinciale dell’Arma – siamo di fronte ad una minaccia globale e fare sistema, come è stato per queste indagini, ci dà una forza dirompente per fronteggiare il terrorismo”.


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