
COMO – “Una donna di quell’età muore da sola, io non sono mai stato un violento e ho sempre rispettato molto le persone anziane. Non avevo alcun movente per ucciderla, non sono stato io“.
A parlare è Roberto Guzzetti, il 60enne di Lecco unico imputato nel processo per l‘omicidio di Maria Adeodata Losa, 88enne ritrovata brutalmente uccisa l’11 giugno 2016 nella sua abitazione a Sogno, frazione di poche anime di Torre De Busi.

Quest’oggi presso la Corte d’Assise del Tribunale di Como, sede del processo, Guzzetti ha reso testimonianza rispondendo alle innumerevoli domande del pubblico ministero Paolo Del Grosso e della difesa, costituita dagli avvocati lecchesi Patrizia e Marilena Guglielmana. Quasi due ore di deposizione, volte a chiarire quel drammatico pomeriggio del 9 giugno, data in cui, secondo l’esame autoptico effettuato dal dottor Tricomi (sentito anch’egli quest’oggi in Aula, ndr), risale la morte dell’anziana, ritrovata poi due giorni dopo, sabato 11 giugno, dalla pronipote Cristina Bonacina, ancora sconvolta al ricordo di quella terribile scena (la donna si è costituita parte civile nel processo a carico di Guzzetti, ndr).
Sul corpo dell’anziana, oltre a diverse ecchimosi al cranio, erano state trovate 11 coltellate: due quelle risultate fatali, sferrate al collo. In gola invece le era stato trovato un pettinino. Il 7 luglio, quasi un mese dopo il ritrovamento del corpo, Roberto Guzzetti, vicino di casa della vittima, è stato arrestato con l’accusa di omicidio.

Giovedì pomeriggio, non senza confusione e qualche contraddizione Guzzetti, (dichiarato in grado di intendere e di volere al termine della perizia psichiatrica eseguita) ha risposto alle domande che gli sono state rivolte, smentendo gran parte delle affermazioni rilasciate agli inquirenti poco dopo i fatti di Sogno e messe a verbale. La versione da lui fornita era stata definita ‘fantasiosa’ e ‘inverosimile’ dagli stessi inquirenti che lo avevano ascoltato più volte e ai quali l’uomo aveva raccontato come la signora Losa, dopo avergli fatto delle proposte sessuali, si sarebbe auto-inferta le coltellate, uccidendosi.
Racconti ricordati in Aula e subito smentiti dall’imputato, che di fronte alle contestazioni del pm ha più volte ribadito: “Ero fuori di me in quel periodo, scioccato. Ho detto un sacco di fesserie, era tutto nella mia testa“.
“Può dirci perchè quel 9 giugno è entrato in casa della signora Losa?” ha chiesto il magistrato. “Stavo potando un glicine sul terrazzo della mia casa a Sogno, ad un certo punto mi sono cadute le forbici che stavo usando, al di là del cancello, quindi fuori dalla proprietà. Sono sceso per andare a recuperarle e mentre sono giù ho sentito una vocina che in dialetto diceva ‘ho bisogno, ho bisogno’. Era la vicina, la signora Adeodata. La conoscevo, ma più che salutarci ogni tanto non si faceva. Era molto schiva, non apriva neanche la porta di casa. Comunque sentendola chiedere aiuto sono andato a vedere” ha raccontato Guzzetti.
A quel punto la donna come raccontato lo avrebbe invitato ad entrare in casa per controllare una perdita sotto al lavandino della cucina. “Mi sono diretto verso il lavandino, stretto in un piccolo spazio della cucina vicino ai fornelli del gas, ho aperto l’anta e infilato la testa dentro. Non c’era nessuna perdita. Mentre mi rialzo per dirglielo sento un colpo fortissimo al basso ventre: sono caduto a terra e ho visto la faccia della signora Adeodata che mi guardava con uno strano ghigno“.
Negate le avance sessuali dell’anziana, circostanza dichiarata più volte durante gli interrogatori: “Ho detto delle scemenze, ripeto, era tutto nella mia testa, una mia fantasia, dei miei sogni. In quel momento tra il dolore fortissimo al basso ventre e un giramento forte di testa a causa della pressione bassa non ho capito più niente. Ricordo solo la faccia stravolta della signora Adeodata che mentre ero ancora piegato a terra mi ha preso per un braccio trascinandomi verso la porta. Girando il tavolo è però caduta, e io le sono caduto sopra. Ha pestato la testa, le è uscito del sangue. Io ho messo d’istinto la mano sotto il collo e mi sono sporcato: sono molto impressionabile, il sangue mi terrorizza. E’ stato un secondo shock: non ho più ricordi”.

Nessun ‘saltello’ dell’anziana verso i fornelli che avrebbe acceso appoggiandoci poi sopra la faccia, nessun auto accoltellamento, come invece l’imputato aveva inizialmente raccontato agli inquirenti. Guzzetti ha proseguito il racconto: “L’ho lasciata così a terra, non avevo la testa per niente, non ho neanche chiamato i soccorsi. Sono uscito e mi sono ritrovato seduto sui gradoni che c’erano fuori casa. Non ricordavo nulla di cos’era appena successo. Quando mi sono ripreso sono tornato nel mio giardino, mi sono lavato faccia e mani e con la scusa di prendere il pane per la cena sono uscito a fare un giro per riprendermi. Non ho mai raccontato niente ai miei genitori di quello che mi era successo in casa di Adeodata perchè non volevo farli preoccupare per niente”.
“Ho avuto modo di ripensare a tutto quando ho saputo che l’avevano trovata morta, due giorni dopo. Ho iniziato a chiedermi se centravo qualcosa, dopo tutto io ero stato a casa sua. Ho iniziato a ricordare cos’era successo“. “Perchè era ferita con un coltello?” ha incalzato il pubblico ministero. “Non ne ho idea” ha dichiarato Guzzetti, aggiungendo “io temo i coltelli, faccio fatica ad usarli persino a tavola“, respingendo con decisione la pesante accusa rivolta a suo carico: “Io non so perchè è morta così, non sono stato io. Non ne avevo motivo, nella maniera più assoluta”.
Guzzetti ha un passato da commesso, prima a Milano e poi nel negozio dei due genitori, Alba e Giovanni, con i quali viveva in Viale Turati a Lecco. Sentiti nel corso della stessa udienza, poco prima del figlio, sia la mamma che il papà hanno trasmesso la stessa visione del figlio: una persona molto affettuosa, forse fin troppo, che amava il suo lavoro. Segnato dalla morte del fratello e di un caro amico, dalla malattia oncologica che lo ha costretto fino a sei mesi in ospedale per le cure, e dalla sieropositività che gli era stata diagnosticata.
“Eppure – ha detto la mamma Alba – nonostante queste circostanze infelici Roberto era un positivo, con la voglia di scherzare”. Qualche ‘viziaccio’, il fumo, l’unico motivo per cui il papà Giovanni lo riprendeva, e per un periodo il gioco d’azzardo, per colpa del quale ha contratto diversi debiti. Ma nessun atteggiamento violento, soprattutto con le persone più anziane: “Con le sorelle Adeodata e Leonilda – ha detto il padre – avevamo un normale rapporto, Leonilda la conoscevo bene, avendo la casa a Sogno da 40 anni, Adeodata meno, era molto riservata, ma non abbiamo mai avuto screzi o diverbi” ha ricordato.

Conclusi i testi dell’accusa e l’esame dell’imputato si tornerà in Aula il prossimo 10 gennaio, per ascoltare i 18 testi della difesa di Guzzetti. Gli avvocati Guglielmana, in ultima istanza, hanno chiesto alla Corte il dissequestro della casa di Sogno della famiglia del loro assistito. Una decisione a riguardo verrà presa al termine del dibattimento, prima delle requisitorie finali.

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