LECCO – La “Primavera Araba” al centro della tavola rotonda che si è tenuta lunedì sera presso la sala conferenze di Palazzo Falck a Lecco, dove sono intervenuti Claudia Marconcini, esperta di Siria e consulente del Vice Presidente del Senato, per i rapporti internazionali e del “Mesopotamian Lab, Cotsen Institute of Archaeology, University of California Los Angeles (UCLA) e Luigi Geninazzi, inviato speciale di Avvenire in Medio Oriente.
“L’incontro vuole approfondire le vicende della “Primavera Araba” – ha esordito Fabio Dadati, presidente dell’Associazione Futuro Italia – che ha interessato negli ultimi due anni Egitto, Tunisia, Libia e adesso la Siria. Ora dobbiamo capire le dinamiche di questo fenomeno, se si è trattato del primo vero movimento di massa giovane, nato con i social network, o semplicemente di un cambio di potere. Da questo punto di vista la stampa infatti non parla più di quello che sta succedendo in questi paesi, tranne ovviamente la Siria, e non ha voluto affrontare approfonditamente questi temi.”
La prima testimonianza è stata quella di Claudia Marconcini, che ha fatto un accalorato intervento sulla proprie esperienze professionali: “La mia esperienza lavorativa in Siria per tanti anni è un grande esempio dell’apertura di un paese che troppo spesso è identificato con il male assoluto. Hanno , ad esempio, affidato a me, una donna non siriana e non araba, l’apertura di una rappresentanza economica al di fuori della Siria, qua in Italia.”
“La democrazia non è un qualcosa di bianco o nero, – ha continuato la Marconcini – ma c’è anche il grigio. Probabilmente in Siria non c’era un modello di democrazia come lo intendiamo in occidente, ma in Siria si stava bene, era un paese sicuro, ci si poteva espriemere liberamente e le religioni sono sempre convissute pacificamente. Forse avrebbero potuto lasciare il vesito di Assad, e intraprendere la via delle riforme. Ma l’Europa e gli Stati Uniti non hanno mai voluto fare niente in questo senso. L’occidente ha solo voluto cercare di distruggere l’asse tra Siria, Hezbollah e l’Iran, nel quale probabilmente c’è anche l’appoggio di Cina e Russia. E pur di ottenere il proprio obiettivo, nel nome della “democrazia”, si è alleato con le monarchie del Golfo, in primis l’Arabia Saudita, che sono tutto tranne che paesi democratici. Anzi, probabilmente l’Arabia Saudita è di gran lunga peggio di come fosse la Siria di Assad. Ora, molti degli attuali oppositori di Assad sono pacifici e chiedono riforme necessarie e giuste. Ma durante questi mesi in Siria sono arrivati tanti integralisti da paesi confinanti, che puntano a distruggere il potere di Assad solo per questioni religiose. In questa situazione si sarebbe dovuta perseguire la soluzione diplomatica, non di certo quella militare. Certamente infatti chidere l’ambasciata Italiana a Damasco è stato un errore, ma probabilmente il motivo è che non si vuole trovare una soluzione diplomatica, e nessuno vuole veramente la pace.”.
Mentre Luigi Geninazzi, nel suo intervento, ha fatto prima una panoramica su tutti i paesi coinvolti nella primavera araba: “Ero presente alle manifestazioni di piazza Tahrir, al Cairo, che seguivano quelle in Tunisia. In Egitto più del 70% della popolazione ha meno di 30 anni, con 300mila nuovi laureati all’anno, che ovviamente faticano a trovare lavoro. Tutta questa fascia di popolazione è cresciuta con Internet ed i social network, con una straodinaria apertura al mondo, e ed è quindi molto lontana dall’idea arretrata di mondo arabo che abbiamo noi. Il fenomeno è nato in quanto ad un certo punto queste persone, mosse da una fitta rete di blog molto attiva nonostante la repressione di Mubarak, sono scese in piazza a manifestare la propria opposizione, reclamare le proprie libertà. E in quel momento, per la prima volta, abbiamo visto una piazza araba , capace di contenere oltre 1 milione di persone, manifestare senza che venisse bruciata una sola bandiera americana o israeliana. È stata la prima manifestazione di piazza post isalmista, dove la religione era percepita in quanto tale, e come ideologia politica.”
“Internet è stata la forza e la debolezza del movimento – ha continuato Geninazzi. Un formidabile strumento di comunicazione, che ha fatto si che le persone si ritrovassero in piazza, e che fossero così tante. Ma il loro insistere a non volersi definire movimento, a non darsi dei capi, a non strutturarsi, ha fatto si che la spinta positiva di quei giorni di piazza fosse sfruttata da altri: dai fratelli musulmani prima, e dai Salafiti poi.”.
“Il quadro della Siria è totalmente diverso invece dagli altri paesi ed è più complesso. In Siria il regime di Assad proviene dall’élite alawita, un gruppo religioso sciita, che rappresenta il 10% della popolazione. La restante parte è composta al 70% da sunniti, da cristiani maroniti, dai drusi e dai curdi. Il regime degli Assad ha sempre tenuto unito questa polveriera etnica con una dittatura in stile sovietico nel senso del controllo, della sottile mancanza di libertà. È vero, c’era libertà religiosa in Siria, ma era uno dei mezzi più importanti con cui Assad otteneva l’appoggio, o la non opposizione, delle varie minoranze che, tra l’altro, sono presenti in Siria perchè in fuga da altre terre (I curdi, i crisitani maroniti).”
“All’inizio i media non hanno capito cosa stesse succendendo in Siria, paragonando la situazione a quella degli altri stati. Ora invece la stampa mondiale si è accorta delle differenze e sta approfondendo la questione capendo che molti di coloro che si battono contro il regime di Assad sono mujahidin addestrati in Afghanistan, in Iraq, o in Iran, che combattono l’eterna guerra tra sciiti e sunniti. In Siria si sta ripetendo quella stessa guerra etnica che ci fu negli anni ’90 in Bosnia, con elementi terroristici che stanno inquinando l’opposizione ad Assad. E la cecità e l’ottusità degli Stati Uniti e dell’Occidente è quella di non aver capito la situazione, di essersi accorti che in Siria stanno fondamentalmente appoggiando dei loro nemici, e che sono entrati a far parte di un gioco che non controllano.”