“Biancaneve e i sette nani” di Jakob e Wilhem Grimm

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Celeberrima fiaba dei fratelli Grimm scritta nel 1812.
Peccato che la versione che tutti conosciamo, quella che ci è stata insegnata da Walt Disney, non ha niente a che vedere con la stesura originaria dei Grimm.
Inutile fare la sinossi della fiaba. Tutti ne avrete un’idea.
I personaggi principali ci sono tutti: regina, cacciatore, nanetti e principe (che serve a ben poco). Ma Interessante, però, è notare le differenze dalla versione disneyana! Innanzitutto la bella Biancaneve ha solo sette anni (come l’Alice di Carroll). Lo sapevate?
È vero che la perfida regina incarica il cacciatore di portare la bambina nel bosco per ucciderla e portarle, come prova, cuore e polmoni. Per fortuna l’uomo si impietosisce e non tocca la fanciulla credendo che gli animali del bosco avrebbero colmato la sua lacuna. Così uccide un cinghiale di passaggio e ne porta le frattaglie alla sua padrona la quale – bleahhhhhhh – le mangia credendo fossero quelle di Biancaneve.
Ma la regina scopre che la figliastra è ancora in vita grazie allo Specchio Magico così decide di ucciderla personalmente. La prima volta la stringe in vita con una potentissima stringa e la seconda volta la pettina con un pettine avvelenato. Per fortuna in entrambi i casi i nanetti la salvano.
La regina, quindi, interviene con la famosa mela avvelenata e Biancaneve anche questa volta ci casca (non è tanto sveglia la ragazza! Non ha capito che non doveva aprire a nessuno?).
Come ben sappiamo i nanetti la mettono a giacere in una bara di cristallo e vegliano su di lei esanime.
Un bel giorno passa un principe e se ne innamora perdutamente (di una bimba di sette anni? Chissà quanti anni aveva il principe!).
E come si sveglia Biancaneve? Chi dice “col bacio del principe” è sulla strada sbagliata! La fanciulla si sveglia per un banalissimo incidente: gli addetti a trasportare la bara inciampano facendola cadere. Il corpo di Biancaneve cade per terra e, grazie all’urto, il boccone di mela incastrato in gola scivola via. E voilà che la nostra eroina si sveglia! Molto romantico, vero?
Ma è bene ciò che finisce bene. Per il matrimonio Biancaneve invita la regina e si vendica: le fa indossare delle scarpette roventi che costringono la perfida donna a ballare fino alla morte. Hai capito la bimbetta casta di cosa è capace?
Per deliziarvi e soddisfare ogni vostra curiosità, ecco a voi il testo integrale della favola:

 

 

Una volta, nel cuor dell’inverno, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva, seduta accanto a una finestra dalla cornice di ebano. E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue. Il rosso era così bello su quel candore, ch’ella pensò: “Avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!” Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come l’ebano; e la chiamarono Biancaneve. E quando nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un’altra moglie: era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza. Aveva uno specchio magico, e nello specchiarsi diceva: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispondeva: – Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Ed ella era contenta perché sapeva che lo specchio diceva la verità; Ma Biancaneve cresceva, diventava sempre più bella e a sette anni era bella come la luce del giorno e ancor più bella della regina. Una volta che la regina chiese allo specchio: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
lo specchio rispose: – Regina, la più bella qui sei tu, ma Biancaneve lo è molto di più.
La regina allibì e diventò verde e gialla d’invidia. Da quel momento la vista di Biancaneve la sconvolse, tanto ella odiava la bimba. E invidia e superbia crebbero come le male erbe, cosi che ella non ebbe più pace né giorno né notte. Allora chiamò un cacciatore e disse: – Porta la bambina nel bosco, non la voglio più vedere. Uccidila, e mostrami i polmoni e il fegato come prova della sua morte -. Il cacciatore obbedì e condusse la bimba lontano; ma quando mosse il coltello per trafiggere il suo cuore innocente, ella si mise a piangere e disse: – Ah, caro cacciatore, lasciami vivere! Correrò verso la foresta selvaggia e non tornerò mai più -. Ed era tanto bella che il cacciatore disse, impietosito: – “Va’ pure, povera bambina -. Le bestie feroci faran presto a divorarti”, pensava; ma sentiva che gli si era levato un gran peso dal cuore, a non doverla uccidere. E siccome proprio allora arrivò di corsa un cinghialetto, lo sgozzò, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò alla regina come prova. Il cuoco dovette salarli e cucinarli, e la perfida li mangiò credendo di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve.
Ora la povera bambina era tutta sola nel gran bosco e aveva tanta paura che badava anche alle foglie degli alberi e non sapeva che fare. Si mise a correre e corse sulle pietre aguzze e fra le spine; le bestie feroci le passavano accanto, ma senza farle alcun male. Corse finché le ressero le gambe; era quasi sera, quando vide una casettina ed entrò per riposarsi. Nella casetta tutto era piccino, ma lindo e leggiadro oltre ogni dire. C’era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini.
Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’erano sette lettini, coperti di candide lenzuola. Biancaneve aveva tanta fame e tanta sete, che mangiò un po’ di verdura con pane da ogni piattino, e bevve una goccia di vino da ogni bicchierino, perché non voleva portar via tutto a uno solo. Poi era cosi stanca che si sdraiò in un lettino, ma non ce n’era uno che andasse bene: o troppo lungo o troppo corto, finché il settimo fu quello giusto: si coricò, si raccomandò a Dio e si addormentò.
A buio, arrivarono i padroni di casa: erano i sette nani che scavavano i minerali dai monti. Accesero le loro sette candeline e, quando la casetta fu illuminata, videro che era entrato qualcuno; perché non tutto era in ordine, come l’avevano lasciato. Il primo disse: – Chi si è seduto sulla mia seggiolina? – Il secondo: – Chi ha mangiato dal mio piattino? – Il terzo: – Chi ha preso un po’ del mio panino? – Il quarto: – Chi ha mangiato un po’ della mia verdura? – Il quinto: – Chi ha usato la mia forchettina? – Il sesto: – Chi ha tagliato col mio coltellino? – Il settimo: – Chi ha bevuto dal mio bicchierino? – Poi il primo si guardò intorno, vide che il suo letto era un po’ ammaccato e disse: – Chi mi ha schiacciato il lettino? – Gli altri accorsero e gridarono: – Anche nel mio c’è stato qualcuno -. Ma il settimo scorse nel suo letto Biancaneve addormentata. Chiamò gli altri, che accorsero e gridando di meraviglia presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve. – Ah, Dio mio! ah, Dio mio! – esclamarono: – Che bella bambina! – Ed erano così felici che non la svegliarono e la lasciarono dormire nel lettino. Il settimo nano dormi coi suoi compagni, un’ora con ciascuno; e la notte passò.
Al mattino, Biancaneve si svegliò e s’impaurì vedendo i sette nani. Ma essi le chiesero gentilmente: – Come ti chiami? – Mi chiamo Biancaneve, – rispose. – Come sei venuta in casa nostra? – dissero ancora i nani. Ella raccontò che la sua matrigna voleva farla uccidere, ma il cacciatore le aveva lasciato la vita ed ella aveva corso tutto il giorno, finché aveva trovato la casina. I nani dissero: – Se vuoi curare la nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e far la calza, e tener tutto in ordine e ben pulito, puoi rimaner con noi, e non ti mancherà nulla. – Si, – disse Biancaneve, – di gran cuore -. E rimase con loro. Teneva in ordine la casa; al mattino essi andavano nei monti, in cerca di minerali e d’oro, la sera tornavano, e la cena doveva esser pronta. Di giorno la fanciulla era sola. I nani l’ammonivano affettuosamente, dicendo: – Guardati dalla tua matrigna; farà presto a sapere che sei qui: non lasciar entrar nessuno.
Ma la regina, persuasa di aver mangiato i polmoni e il fegato di Biancaneve, non pensava ad altro, se non ch’ella era di nuovo la prima e la più bella; andò davanti allo specchio e disse: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
E lo specchio rispose: – Regina la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
La regina inorridì, perché sapeva che lo specchio non mentiva mai e si accorse che il cacciatore l’aveva ingannata e Biancaneve era ancor viva. E allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla: perché se ella non era la più bella in tutto il paese, l’invidia non le dava requie.
Pensa e ripensa, finalmente si tinse la faccia e si travestì da vecchia merciaia, in modo da rendersi del tutto irriconoscibile. Così trasformata passò i sette monti, fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò: – Roba bella, chi compra! chi compra! – Biancaneve diede un’occhiata dalla finestra e gridò: – Buon giorno, brava donna, cos’avete da vendere? – Roba buona, roba bella, – rispose la vecchia, – stringhe di tutti i colori -. E ne tirò fuori una, di seta variopinta. “Questa brava donna posso lasciarla entrare”, pensò Biancaneve; aprì la porta e si comprò la bella stringa.
– Bambina, – disse la vecchia, – come sei conciata! Vieni, per una volta voglio allacciarti io come si deve -. La fanciulla le si mise davanti fiduciosa e si lasciò allacciare con la stringa nuova: ma la vecchia strinse tanto e cosi rapidamente che a Biancaneve mancò il respiro e cadde come morta. – Ormai lo sei stata la più bella, – disse la regina, e corse via.
Presto si fece sera e tornarono i sette nani: come si spaventarono, vedendo la loro cara Biancaneve stesa a terra, rigida, come se fosse morta! La sollevarono e, vedendo che era troppo stretta alla vita, tagliarono la stringa. Allora ella cominciò a respirare lievemente e a poco a poco si rianimò. Quando i nani udirono l’accaduto, le dissero: – La vecchia merciaia altri non era che la scellerata regina; sta’ in guardia, e non lasciar entrare nessuno, se non ci siamo anche noi.
Ma la cattiva regina, appena arrivata a casa, andò davanti allo specchio e chiese: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose: regina, qui la più bella sei tu; ma al di là di monti e piani presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A queste parole, il sangue le affluì tutto al cuore dallo spavento, perché vide che Biancaneve era tornata in vita. “Ma adesso, – pensò, – troverò qualcosa che sarà la tua rovina”; e, siccome s’intendeva di stregoneria, preparò un pettine avvelenato. Poi si travestì e prese l’aspetto di un’altra vecchia. Passò i sette monti fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò: – Roba bella! Roba bella! – Biancaneve guardò fuori e disse: – Andate pure, non posso lasciar entrare nessuno. – Ma guardare ti sarà permesso, – disse la vecchia; tirò fuori il pettine avvelenato e lo sollevò. Alla bimba piacque tanto che si lasciò sedurre e apri la porta. Conclusa la compera, la vecchia disse: – Adesso voglio pettinarti perbene -. La povera Biancaneve, di nulla sospettando, lasciò fare; ma non appena quella le mise il pettine nei capelli, il veleno agì e la fanciulla cadde priva di sensi.
– Portento di bellezza! – disse la cattiva matrigna: è finita per te! – e se ne andò. Ma per fortuna era quasi sera e i sette nani stavano per tornare. Quando videro Biancaneve giacer come morta, sospettarono subito della matrigna, cercarono e trovarono il pettine avvelenato; appena l’ebbero tolto, Biancaneve tornò in sé e narrò quel che era accaduto. Di nuovo l’ammonirono che stesse in guardia e non aprisse la porta a nessuno.
A casa, la regina si mise allo specchio e disse: – Dal muto, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Come al solito, lo specchio rispose: – Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A tali parole, ella rabbrividì e tremò di collera. – Biancaneve morirà, – gridò, – dovesse costarmi la vita -. Andò in una stanza segreta, dove non entrava nessuno e preparò una mela velenosissima. Di fuori era bella, bianca e rossa, che invogliava solo a vederla; ma chi ne mangiava un pezzetto, doveva morire. Quando la mela fu pronta, ella si tinse il viso e si travestì da contadina, e cosi passò i sette monti fino alla casa dei sette nani. Bussò, Biancaneve si affacciò alla finestra e disse: – Non posso lasciar entrare nessuno, i sette nani me l’hanno proibito. – Non importa, – rispose la contadina, – le mie mele le vendo lo stesso. Prendi, voglio regalartene una. – No, – rispose Biancaneve, – non posso accettare nulla. – Hai paura del veleno? – disse la vecchia. – Guarda, la divido per metà: tu mangerai quella rossa, io quella bianca -. Ma la mela era fatta con tanta arte che soltanto la metà rossa era avvelenata. Biancaneve mangiava con gli occhi la bella mela, e quando vide la contadina morderci dentro, non poté più resistere, stese la mano e prese la metà avvelenata. Ma al primo boccone cadde a terra morta. La regina l’osservò ferocemente e scoppiò a ridere, dicendo: – Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano! Stavolta i nani non ti sveglieranno più -. A casa, domandò allo specchio: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
E finalmente lo specchio rispose: – Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Allora il suo cuore invidioso ebbe pace, se ci può esser pace per un cuore invidioso.
I nani, tornando a casa, trovarono Biancaneve che giaceva a terra, e non usciva respiro dalle sue labbra ed era morta. La sollevarono, cercarono se mai ci fosse qualcosa di velenoso, le slacciarono le vesti, le pettinarono i capelli, la lavarono con acqua e vino, ma inutilmente: la cara bambina era morta e non si ridestò. La misero su un cataletto, la circondarono tutti e sette e la piansero, la piansero per tre giorni. Poi volevano sotterrarla; ma in viso, con le sue belle guance rosse, ella era ancor fresca, come se fosse viva.
Dissero: – Non possiamo seppellirla dentro la nera terra, – e fecero fare una bara di cristallo, perché la si potesse vedere da ogni lato, ve la deposero e vi misero sopra il suo nome, a lettere d’oro, e scrissero che era figlia di re. Poi esposero la bara sul monte, e uno di loro vi restò sempre a guardia. E anche gli animali vennero a pianger Biancaneve: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella.
Biancaneve rimase molto, molto tempo nella bara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano. Ma un bel giorno capitò nel bosco un principe e andò a pernottare nella casa dei nani. Vide la bara sul monte e la bella Biancaneve e lesse quel che era scritto a lettere d’oro. Allora disse ai nani: – Lasciatemi la bara; in compenso vi darò quel che volete -. Ma i nani risposero: – Non la cediamo per tutto l’oro del mondo. – Regalatemela, allora, – egli disse, – non posso vivere senza veder Biancaneve: voglio onorarla ed esaltarla come la cosa che mi è più cara al mondo -. A sentirlo, i buoni nani s’impietosirono e gli donarono la bara. Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle. Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata, che Biancaneve aveva trangugiato, le usci dalla gola. E poco dopo ella apri gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò nella bara: era tornata in vita. – Ah Dio, dove sono? – gridò. Il principe disse, pieno a gioia: – Sei con me, – e le raccontò quel che era avvenuto, aggiungendo: – Ti amo sopra ogni cosa al mondo; vieni con me nel castello di mio padre, sarai la mia sposa -. Biancaneve acconsenti andò con lui, e furono ordinate le nozze con gran pompa e splendore.
Ma alla festa invitarono anche la perfida matrigna di Biancaneve. Indossate le sue belle vesti, ella andò allo specchio e disse: – Dal muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella?
Lo specchio rispose: – Regina, la più bella qui sei tu; ma la sposa lo è molto di più.
La cattiva donna imprecò e il suo affanno era così grande che non poteva più dominarsi. Dapprima non voleva assistere alle nozze; ma non trovò pace e dovette andare a veder la giovane regina. Entrando, riconobbe Biancaneve e impietrì dallo spavento e dall’orrore. Ma sulla brace erano già pronte due pantofole di ferro: le portarono con le molle, e le deposero davanti a lei. Ed ella dovette calzare le scarpe roventi e ballare, finché cadde a terra, morta.

 

Francesca Numerati