Lecco. Il dottor Blaseotto guarito dal coronavirus: “Ci hanno mandato allo sbaraglio”

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Medico di medicina generale da quasi 30 anni

“Da dove ripartire? Bisogna essere più vicini al territorio”

LECCO – “Da dove ripartire? E’ necessario dare un seguito alla possibilità di curare le vere fragilità dando molta più professionalità e mezzi alle medicine generali, alle guardie mediche: loro hanno il polso sulla situazione sul territorio. Bisogna essere più vicini alle esigenze della gente”.

Per cercare le responsabilità ci sarà tempo, adesso però è importante capire cosa non ha funzionato per non commettere gli stessi errori. Daniele Blaseotto, lecchese, è medico di medicina generale da quasi 30 anni. E’ uno dei reduci, il covid-19 l’ha conosciuto da vicino e dopo 22 giorni di ospedale, alcuni anche molto critici, è tornato a casa e può dire di avercela fatta.

Medico chirurgo, è partito dal primo gradino della scala, si è fatto tutta la gavetta senza sconti. I turni dell’allora guardia medica, le sostituzione dei medici di medicina generale quando andavano in ferie e poi, nonostante la specializzazione in chirurgia dell’apparato digerente ed endoscopia digestiva chirurgica, la scelta di non percorrere la professione ospedaliera ma stare vicino a chi aveva un immediato bisogno dell’assistenza medica.

Prima è stato medico per 6 anni alla casa circondariale di Lecco, poi dal 1993 ha optato per la medicina generale e ha avuto esperienze anche in due Residenze Sanitarie Assistenziali (Rsa), dal 1990 al 1995 e dal 2008 al 2012. Per vent’anni ha seguito la squadra del Rugby Lecco, mentre dal 1995 è medico sociale della società Calcio Lecco.

Anche lui come tanti colleghi è stato colpito dal virus, la sua voce è ancora molto affaticata ma sta bene.
“E’ stata una vera e propria batosta, faccio ancora fatica, non riesco a parlare per troppo tempo, ma posso dire di stare bene”.

Cosa è successo? Perché il virus ha colpito così duramente tra i medici di medicina generale?
“Siamo stati mandati allo sbaraglio: sia perché non si sapeva la realtà della situazione, sia perché siamo stati abbandonati senza nessun dispositivo di protezione individuale. Dopo i primi quindici giorni di febbraio, di fatto, nessuno è stato in grado di dirci a cosa andavamo incontro. Per dovere professionale abbiamo continuato a visitare i pazienti, andando in casa di quelli non autosufficienti. Avevamo di fronte pazienti con qualsiasi patologia e ovviamente nessuno aveva un cartello con scritto ‘io ho il coronavirus’. E poi i dispositivi di protezione: in due mesi ho ricevuto 20 mascherine chirurgiche e 20 paia di guanti monouso“.

L’emergenza, secondo il dottor Blaseotto, ha messo a nudo tutti i limiti del modello di gestione della sanità lombarda
“Purtroppo tutte le politiche che sono state portate avanti negli ultimi anni hanno lasciato i territori abbandonati a loro stessi. Il sistema ha retto solamente grazie alla professionalità e alla dedizione di chi in queste settimane ha lavorato senza soluzione di continuità in prima linea. La Regione ha scelto di accentrare il lavoro sulle aziende ospedaliere e dare corpo alle cliniche private e questo ha causato un impoverimento della possibilità di agire sul territorio. Di fatto è stata indebolita quella prima linea di intervento che, in un’emergenza sanitaria come questa, sarebbe stata fondamentale”.

Da uomo impegnato politicamente (Bleseotto è membro dell’associazione “Con la sinistra cambia Lecco”) che ha vissuto l’emergenza su entrambi i fronti avrà fatto le sue riflessioni… 
“Errori ne son stati fatti, eravamo il Paese con l’età media più alta e, ad esempio, sono state ignorate le Residenze Sanitarie Assistenziali dove ci sono i nostri anziani e le persone più fragili. Il risultato, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti. Essere più vicini al territorio e alle fragilità, deve essere questo il punto da cui ripartire”.