“Riforma sbagliata e pericolosa per la sicurezza”
Le associazioni lecchesi hanno manifestato davanti alla Prefettura
LECCO – Nelle prime 48 ore oltre 9.000 firme raccolte dalla petizione contro il nuovo Codice della Strada, ribattezzato provocatoriamente “Codice della Strage”. Tutte le principali associazioni italiane dei familiari delle vittime sulla strada, insieme alle associazioni ambientaliste e per la mobilità sostenibile e alle organizzazioni sindacali (in tutto una trentina), negli scorsi giorni e mesi sono scese più volte in piazza contro una riforma giudicata unanimemente sbagliata e pericolosa.
Anche Fiab LeccoCiclabile nei giorni scorsi ha organizzato un presidio davanti alla Prefettura di Lecco per manifestare il proprio dissenso: “Al contrario di quanto continua a raccontare il Ministro Salvini, questa riforma non è la soluzione alla violenza stradale, ma anzi aggraverà questo problema drammatico in Italia – dichiarano le 30 associazioni della piattaforma “Stop al codice della strage” – Le nuove norme, infatti, sono tutte incentrate sulla repressione a incidenti già avvenuti, non intervengono davvero in via preventiva sui fattori principali cioè velocità e distrazione, anzi allentano le regole per i veicoli a motore e restringono quelle di tutela degli utenti più vulnerabili della strada. È un doppio sfregio ai familiari delle vittime sulla strada, pochi giorni dopo la Giornata mondiale in loro ricordo. Dopo mesi di discussioni il testo è rimasto uguale, tutti gli emendamenti sono stati respinti e nessuna delle nostre istanze è stata accolta, infrangendosi contro un muro di gomma”.
Lanciata anche una petizione on-line sul nuovo sito www.codicedellastrage.it, che in neanche 48 ore ha già raggiunto 9.000 firme, per chiedere al Governo e al Parlamento adesso di sedersi insieme a riscrivere il nuovo intero Codice della Strada, in attuazione della delega contenuta nella legge.
“Come associazioni locali abbiamo segnalato le varie scelte errate presenti nel nuovo Codice della Strada. L’approvazione di questa legge rallenta l’attuazione del PUMS che, assieme al Biciplan, è invece urgente e necessario per rendere le strade più sicure.
Se da una parte le dichiarazioni di Ministro e maggioranza parlamentare indignano, dall’altra è l’intero impianto della riforma a preoccupare: massima tutela per i veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e restrizione delle misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città. È una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali. In questo modo, la riforma ostacola la prevenzione aumentando anziché abbassare il conflitto e la violenza stradali, che già paghiamo con più di 3.000 morti e 200.000 feriti ogni anno. Riporta l’Italia indietro di 40 anni su mobilità sostenibile e sicurezza stradale, riducendo il livello di tutela della vita umana sulla strada, a danno di tutti, con qualsiasi mezzo di trasporto si muovano. Ci allontana ancora di più dal resto dell’Europa, dove già siamo al 19° posto su 27 per tasso di mortalità, andando in direzione opposta alle riforme grazie a cui gli altri Paesi lo hanno invece ridotto con successo”.