Siccità. In Lombardia mancano oltre 2 miliardi di mc di acqua

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Oggi a Milano si è tenuto il forum Siccità alla presenza anche dell’assessore regionale Sertori

Anche Legambiente Lombardia interviene sul tema: “Serve attuare misure di adattamento climatico”

MILANO – Mancano oltre 2 miliardi di metri cubi d’acqua e la risorsa idrica disponibile presenta un deficit del 60% rispetto ai valori medi del periodo. E’ il dato allarmante sviscerato oggi, lunedì, alla prima edizione del Forum Siccità, tenutosi alla Triennale di Milano.

Presente, tra gli altri, Massimo Sertori, assessore regionale a Enti Locali, Montagna, Risorse energetiche e Utilizzo Risorsa Idrica. “Se non ci saranno precipitazioni nei prossimi mesi di aprile e maggio  ci attendiamo una gestione emergenziale simile a quella del 2022. Per fronteggiare la crisi è necessaria la collaborazione di tutti i soggetti produttivi che utilizzano la risorsa idrica”.

Primo da sinistra l’assessore regionale Massimo Sertori

L’appuntamento di questa mattina è stato un momento di confronto sugli effetti dei cambiamenti climatici, con particolare attenzione su come Regione Lombardia ha affrontato l’emergenza siccità e si prepara ad affrontare i prossimi mesi.

In Lombardia i dati del monitoraggio confermano che la situazione attuale di crisi idrica è analoga se non peggiore rispetto al 2022: mancano oltre 2 miliardi di metri cubi d’acqua e la risorsa idrica disponibile presenta un deficit del 60% rispetto ai valori medi del periodo. Lo scorso anno negli stessi giorni il deficit era del 57%. È il secondo inverno che nell’arco alpino non stazionano perturbazioni che apportano un consistente strato nevoso in montagna e pioggia in pianura.

“Già dalla scorsa primavera 2022 – spiega Massimo Sertori – è stato riunito regolarmente il Tavolo regionale al quale partecipano i soggetti che hanno competenze in merito, gli enti regolatori dei laghi, i gestori idroelettrici, Terna, le associazioni di categoria del mondo irriguo ed agricolo, UPL ed ANCI e gli enti parco, per condividere i dati del monitoraggio dell’andamento delle riserve idriche e le varie azioni di gestione emergenziale che hanno consentito di distribuire l’acqua disponibile”.

“Nei Tavoli di gennaio Regione Lombardia ha avviato le interlocuzioni con i gestori dei laghi regolati per trattenere più risorsa possibile nei grandi laghi (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) e chiesto agli operatori idroelettrici di attivarsi a trattenere più risorsa possibile negli invasi montani, raccogliendo già la disponibilità di Terna, gestore nazionale del sistema elettrico. È chiaro che l’agricoltura lombarda necessita di acqua in un ristretto periodo dell’anno, vorremmo evitare  che a una situazione che comporterà probabili ripercussioni per l’economia lombarda si aggiunga un contenzioso tra gestori idroelettrici e mondo agricolo”.

Non solo. “Se quello che è accaduto in questi due anni dovesse diventare la nuova normalità, ciò dovrà comportare inevitabilmente un adattamento del sistema produttivo irriguo-agricolo lombardo“.

L’analisi di Legambiente Lombardia

Anche Legambiente Lombardia è intervenuta, con un comunicato, sul tema, invitando le istituzioni a ragione su colture alternative.

“Il cambiamento climatico ha allungato di un mese la durata della stagione estiva – commenta Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia – tra anticipo del disgelo, aumento dell’evaporazione per il caldo e riduzione delle masse glaciali, la siccità ci costringe a rivedere gli ordinamenti agricoli regionali: è sempre più evidente la difficoltà ad irrigare le colture estive, il mais in particolare, mentre dovremmo rivalutare, per l’alimentazione del bestiame, colture alternative, a partire da quelle di erbai, prati stabili e marcite, irrigate nella stagione fredda e in primavera”.

Scorte idriche ai minimi

Le premesse, dunque, ci sono tutte per una nuova stagione agraria in cui fare i conti con la scarsità idrica: nel 2022 le piogge cadute sono state il 36% in meno della media, un ‘buco’ d’acqua che per la Lombardia vale ben 10 miliardi di metri cubi, ma anche nei primi due mesi del 2023 il bilancio è negativo, sono venuti a mancare altri 2 miliardi di metri cubi di acqua sotto forma di pioggia e di neve. Un dato che si riflette nelle scorte idriche, che sono ai minimi della storia delle misurazioni di Arpa, su valori perfino minori rispetto alla situazione fotografata un anno fa: in tutto, considerando sia la copertura nevosa che le acque di invasi idroelettrici e grandi regolazioni lacustri, abbiamo 1,4 miliardi di mc di acqua ‘accantonata’ nella fascia alpina e prealpina, 2,2 miliardi in meno rispetto al volume medio misurato in questo periodo dell’anno.

In controtendenza il lago Maggiore

Unica nota di timida speranza è quella relativa alla situazione del Lago Maggiore, che può fare affidamento su una scorta idrica maggiore rispetto a quella dell’anno scorso, che dovrebbe consentire di allagare gran parte delle risaie alimentate dalle acque prelevate dall’emissario. Ma il prosieguo della stagione resterà incerto, alla luce della carenza di scorte nella vasta porzione montana del bacino.

Serve attuare misure di adattamento climatico

“Gli effetti di questa nuova annata di siccità, sull’agricoltura e sugli ecosistemi fluviali, possono essere fortemente attenuati solo attuando misure di adattamento climatico, che riducano i fabbisogni estivi e favoriscano la ritenzione di acque, nei bacini e nei suoli agricoli, in tutte le altre stagioni – prosegue Di Simine –. La pianura lombarda deve poter funzionare come una spugna, in grado di assorbire grandi quantità di acqua e di rilasciarle all’occorrenza. Ma per questo dobbiamo smettere di cementificare il territorio e tornare ad occuparci delle acque sotterranee, che non si vedono ma da cui dipendiamo per la gran parte dei nostri bisogni”.

Attenzione alla falda acquifera

L’associazione ambientalista paventa il rischio che, anziché perseguire l’adattamento al nuovo contesto climatico, si inseguano modelli finalizzati a mantenere quelle colture che promettono di aumentare la produttività, ma a costo di aumentare la vulnerabilità della falda acquifera, in termini sia di quantità che di qualità. La falda, infatti, è la più grande tra le scorte idriche di cui beneficia la nostra regione, e da essa dipendono anche gli usi civili e industriali delle acque.

“Da sempre le forme tradizionali di agricoltura hanno governato il delicato equilibrio della falda, utilizzandone le acque per l’irrigazione, ad esempio attraverso i fontanili, ma anche preoccupandosi di restituirle attraverso l’irrigazione a scorrimento, le risaie e i prati allagati – ricorda Lorenzo Baio, responsabile settore Acqua di Legambiente Lombardia –. Oggi vediamo i canali tenuti in asciutta per l’intero inverno, quando invece sarebbe possibile riversarvi una parte delle acque che, diversamente, raggiungono troppo rapidamente il mare, mentre per le risaie si fa sempre più ricorso a tecniche di coltivazione in asciutta e le marcite sarebbero già scomparse dal paesaggio agricolo, non fosse stato per le attività e i progetti di sostegno attivati nei parchi regionali per mantenere viva quella che oggi si scopre essere sempre di più una infrastruttura agricola fondamentale per l’equilibrio della falda”.

Migliorare la “resilienza” del sistema irriguo

La discussione sulle misure da attuare per affrontare la siccità difficilmente fa i conti con la complessità del ciclo dell’acqua nel sistema della pianura irrigua: quelli che altrove possono apparire sprechi d’acqua, come l’irrigazione a scorrimento, le risaie allagate e la circolazione invernale nei canali, sono invece, a certe condizioni, modalità per rallentare il deflusso delle acque verso il mare, mantenendo imbevuti i terreni e assicurando la restituzione di acqua in falda. Ma oltre a questi fondamentali accorgimenti, molte sono le azioni che possono permettere di migliorare la ‘resilienza’ del sistema irriguo, il più esposto agli effetti della siccità: dalla gestione coordinata dei bacini di monte, inclusa la ‘diplomazia dell’acqua’ nei rapporti con i territori elvetici del bacino del Po, all’estensione del riutilizzo irriguo delle acque di scarico, al miglioramento dei suoli e dei paesaggi agricoli per limitarvi le perdite d’acqua dovute a evaporazione o infiltrazione profonda, alla pianificazione e riduzione degli emungimenti da pozzo, al ripristino della permeabilità dei suoli urbani, con il ricorso ai sistemi di drenaggio sostenibile, che alimentano le falde, anziché aumentare il rischio idrogeologico.