Calcio Lecco. Foschi: “Abbiamo perso clamorosamente”

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Luciano Foschi
Luciano Foschi, Credit photo to Calcio Lecco 1912

Il Lecco perde 3-0 contro il Cosenza

Foschi: “Le parole contano poco, non abbiamo più scusanti”

COSENZA – “La differenza con il Cosenza è stata enorme, sia dal punto di vista tecnico che tattico, i Lupi sono stati nettamente superiori e questo bisogna riconoscerlo”. Queste le prime consapevoli parole del tecnico del Lecco, Luciano Foschi, dopo la netta sconfitta subita, 3-0, al San Vito-Gigi Marulla contro il Cosenza di Fabio Caserta.

Secondo l’allenatore romano non era questa la partita che avrebbe dovuto dare la svolta al proprio campionato: “Bisogna pensare ai punti persi nelle gare precedenti, dispiace perché volevamo fare una bella prestazione e dedicarla al nostro presidente ricoverato”.

Foschi prosegue difendendo la propria formazione e sottolineando il fatto che: “Non mi sembra che la mia squadra non abbia avuto una reazione. La differenza rispetto al Cosenza è che noi abbiamo tirato per 6 volte in bocca al portiere, mentre loro all’incrocio dei pali”.

“Ci abbiamo provato sempre, anche mettendo una punta in più e cambiando modulo in difesa disponendoci a quattro. Ho effettuato cinque cambi per dare maggiore brillantezza e freschezza. I ragazzi hanno fatto quello che potevano, di sicuro possiamo fare meglio di quello che abbiamo fatto oggi. D’altronde è la prima partita che perdiamo così clamorosamente, magari fra 3 mesi al ritorno, faremo diversamente.”

Foschi ha parlato con la squadra al termine del match ma: “Le parole in questo momento contano poco. Bisogna lavorare e pensare alla prossima partita e soprattutto alle gare che dobbiamo recuperare, in modo da rimetterci in pari con le altre squadre e pensare che le scusanti sono terminate”.

Il mister bluceleste conclude la conferenza stampa con una battuta sul mercato: “Abbiamo cominciato a giocare a mercato chiuso, a differenza degli altri. Questa non è una scusante ma un dato di fatto, al 30 agosto non sapevo ancora che squadra avessi perché non sapevano né dove che quando giocare”.