LECCO – La partenza avverrà sabato 17 gennaio, destinazione la Patagonia. Nuovo obiettivo dei Ragni la via aperta da Casimiro Ferrari e Vittorio Meles nel 1976 (e da allora mai ripetuta) sulla parete est del Fitz Roy, unanimemente considerata un capolavoro dell’alpinismo di quegli anni del secolo scorso, portato a termine non soltanto con lo stile e la mentalità dell’epoca se si considera che il “Miro” affrontò e vinse quella montagna con una cordata di due soli alpinisti, puntando tutto sulla velocità e sulla leggerezza.
Protagonisti della nuova avventura lecchese in terra sudamericana saranno tre “maglioni rossi”: Matteo Della Bordella, Luca Schiera e Luca Gianola, il giovane premanese entrato di recente a far parte del gruppo alpinistico “ della Grignetta”. Con loro vi saranno lo svizzero Silvan Schupbach e Pascal Fouquet, lui pure di nazionalità elvetica, alla sua terza esperienza in Patagonia.
La sfida è fin d’ora quella di ripulire la via da quelli che gli stessi alpinisti hanno definito “orpelli d’epoca” e tentarne la salita il più possibile in arrampicata libera.
“Anche se l’esperienza patagonica di questi ultimi anni mi ha insegnato che su queste montagne la cosa migliore da fare è individuare gli obiettivi in base alle condizioni ambientali e delle pareti – spiega Della Bordella – personalmente mi piace l’idea di partire con già in mente un grande progetto, che poi potrà essere magari rivisto, modificato o abbandonato, ma che ti dà modo di sognare e di concentrare gli sforzi in funzione del raggiungimento di uno scopo preciso”.
“Si tratta di un progetto diverso dal solito – aggiunge Matteo – e la prima differenza è che questa volta non vogliamo aprire nessuna via nuova. Obiettivo della spedizione è infatti quello di ripercorrere per così dire in un’ottica moderna e valorizzare una grande impresa alpinistica del passato. Sono passati quasi 40 anni da quando venne aperta quella via ed è cambiato il modo di andare in montagna”.
Il messaggio è chiaro: la nuova generazione dei Ragni non vuole smarrire le orme dei predecessori, ma ripercorrerle secondo uno stile moderno, uno stile che si ispira al non lasciare traccia del proprio passaggio e al superare le grandi montagne in arrampicata libera.
“Personalmente – osserva sempre Della Bordella – quando lo scorso anno mi sono trovato sotto l’imponente parete est del Fitz Roy ho provato un irrefrenabile desiderio di scalarla. Si tratta probabilmente della parete più alta che io abbia mai tentato, lunga una volta e mezza il Capitan, lo Shark Tooth o la Torre Egger”.
L’itinerario segue un evidente sistema di fessure che sale direttamente sul pilastro est della montagna e attende ancora, come detto, una prima ripetizione.
Prima dell’impresa di Ferrari e Meles nel ’76 la via era stata tentata più volte da cordate di alpinisti francesi, trentini e svizzeri, che nel 1974 erano arrivati a soli 200 metri dalla vetta.
L’itinerario, che si sviluppa per circa 1.400 metri, fu tracciato con un massiccio uso di corde fisse, scalette metalliche e chiodi. Si tratta di una salita a tutti gli effetti mitica e la grande forza di volontà e la determinazione di Casimiro Ferrari furono gli elementi fondamentali che portarono, appunto quasi 40 anni fa, alla realizzazione dell’impresa.
Ora Della Bordella, Schiera, Schupbach, Gianola e Fouquet ci riprovano. E l’alpinismo lecchese continua a sognare.