GALBIATE – “I gamberi di fiume autoctoni stanno subendo una rarefazione drammatica che, di anno in anno, sta portando, sia nel territorio lecchese che in tutto il nord-Italia, alla scomparsa di ormai quasi tutte le popolazioni esistenti”.
A denunciarlo è il WWF che, insieme al Parco Regionale del Monte Barro, ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano un progetto finanziato dall’importante organizzazione filantropica “The Mohamed bin Zayed Species Conservation Fund”, con sede ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti) e operativa a livello mondiale.
L’obiettivo del progetto è di comprendere le cause di tale rarefazione e fornire indicazioni precise per la gestione delle popolazioni del gambero italiano Austropotamobius pallipes che ancora sopravvivono.
Il progetto vedrà l’attuazione di un’attenta indagine su siti di presenza accertata fino al 2005 in diverse località prealpine e appenniniche del Nord Italia. Tale indagine servirà ad ottenere un quadro aggiornato delle cause che stanno determinando l’estinzione delle popolazioni di A. pallipes e a fornire delle indicazioni efficaci per proteggere il più rapidamente possibile le poche che ancora resistono.
Inoltre all’interno del Parco Regionale del Monte Barro si effettuerà un tentativo di ripristino di un’importante popolazione di gamberi che è andata estinta nel 2013 in località San Michele (Galbiate), dove un’introduzione di probabile origine dolosa di gamberi alloctoni della specie Orconectes limosus, originari degli Stati Uniti orientali, ha infettato i gamberi autoctoni provocando nel giro di 24/48 ore la completa estinzione della popolazione presente in quella località. Orconectes limosus sono infatti portatori sani di un temibile fungo, detto “peste del gambero”, in grado di uccidere in pochi giorni intere popolazioni di gamberi nostrani.
Referente per il WWF dell’importante progetto di studio e reintroduzione sarà il Dott. Raoul Manenti, vicepresidente dell’Associazione lecchese.