LECCO – Un libro dal titolo provocatorio per approfondire un tema delicato senza pregiudizi e anzi con la convinzione che si debba uscire da un equivoco di fondo. Lunedì 7 aprile Leggermente, la manifestazione di promozione della lettura organizzata per il quinto anno da Confcommercio Lecco, ha ospitato il sociologo Giovanni Moro autore del libro “Contro il non profit”. A dialogare con lui presso la sala conferenze di piazza Garibaldi è stata l’assessore all’Istruzione del Comune di Lecco, Francesca Bonacina.
“Siamo tutti portati a pensare che il non profit esista in natura. Invece non è così. Tutto è iniziato negli Usa a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Il problema di fondo, che evidenzio con forza in questo volume, è che si è voluto mettere sotto stessa etichetta un magma di entità diverse che non hanno nulla in comune: l’associazione di volontariato e il sindacato, il fondo pensione e il Coni, gli enti lirici e i circoli ricreativi. C’è un “misto” che non funziona. Non ha senso mettere sullo stesso piano la mensa per i poveri e il ristorante, il doposcuola per i ragazzi disagiati delle periferie con le università non statali. Il risultato? Si danneggia chi fa le cose con lo spirito giusto. Perché alla fine chi fa le cose di valore sociale alto è in realtà penalizzato. Ecco perché distinguere è fondamentale”.
Due le soluzioni individuate e proposte dal libro, un’opera molto accurata e che offre molti casi concreti ma anche spunti di riflessione per tutti gli attori del terzo settore. “La prima domanda da farsi è: si possono dividere le organizzazioni? La risposta è sì, anzi si deve. Solo per restare in Italia non possono essere considerate allo stesso modo 300mila realtà del non profit – ha continuato Moro, che martedì 8 alla mattina ha incontrato anche alcuni studenti dell’istituto Parini sempre per parlare di non profit – La seconda cosa da fare è quella di misurare il valore sociale che sta nelle attività che si svolgono. L’importanza non risiede nelle associazioni in sé, ma in quello che fanno. Il criterio da misurare è quello dell’interesse generale. Un approccio che non è sempre uguale nel tempo. Prendiamo ad esempio l’organizzazione del tempo libero: era di fondamentale necessità nel Dopoguerra, mentre oggi non può certo essere considerata prioritaria. Controlli? Le persone che dovrebbero fare le verifiche sono troppo poche. Pensare a una legge che disciplini la materia? In Italia ce ne sono già troppe e non servirebbe certo a risolvere il problema”.

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