In Provincia oltre 16 mila ‘lavoratori poveri’, l’allarme della Cgil

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picariello seghezzi
Luca Picariello e Francesca Seghezzi

Si tratta di lavoratori che percepiscono meno di 9 euro all’ora

Seghezzi: “Tendenza preoccupante all’impoverimento che il nostro territorio non potrà sostenere”

LECCO – In Provincia di Lecco ci sono oltre 16 mila lavoratori poveri (16.400, per l’esattezza), ovvero lavoratori a basso salario, che percepiscono meno di 9 euro all’ora. La denuncia arriva dalla Cgil di Lecco che lancia un appello a tutti i soggetti economici del territorio: “E’ necessario prendersi la responsabilità di analizzare e di farsi carico di questa situazione che, se non invertiamo la rotta, diventerà un grosso problema di impoverimento sociale” ha dichiarato il Segretario Francesca Seghezzi durante la conferenza stampa convocata mercoledì mattina presso la sede del sindacato. “Credo che abbiamo il dovere come sindacato di suonare questo campanello d’allarme – ha continuato – la tendenza attuale sta generando un impoverimento che il tessuto economico del territorio non potrà sostenere in futuro“.

I dati illustrati da Seghezzi e da Luca Picariello, Direttore del Patronato INCA Cgil Lecco, svelano un quadro per nulla incoraggiante: “L’incidenza del lavoro povero colpisce settori in forte espansione sul nostro territorio come il turismo e la ristorazione, il commercio, i servizi di assistenza (colf e badanti) – ha detto Seghezzi – nel 2022 il settore turismo ha visto una crescita di addetti del 6,7% e il commercio del 5,1%, tutto il comparto di questi servizi ha registrato il 17% in più di addetti. Nonostante la crescita, questi sono i settori dove si registrano le più alte percentuali di lavoratori poveri”.

A questo dato si aggiunge poi il part time involontario, ovvero un part time “non scelto per motivi personali e organizzativi ma perché unico orario contrattuale proposto dal datore di lavoro – continua Seggezzi – e neanche a farlo apposta è una condizione che colpisce i settori già bassi di stipendio: badanti (52%), turismo (35%), servizi sociali (28%), commercio e servizi (25%). Quindi in questi settori abbiamo lavoratori poveri e povertà di ore contrattuali, ed è un fenomeno che colpisce maggiormente il mondo femminile (39,4%). Stimiamo che nella nostra Provincia siano circa 8 mila i lavoratori in part time involontario”.

“L’urgenza che stiamo provando a denunciare – continua Seghezzi – è un tema vero: lavoratori, sempre più numerosi, che faticano ad arrivare alla fine del mese e che pur lavorando a tempo pieno tutto l’anno non riescono a contribuire e domani faremo fatica a chiamare pensionati“.

Sul tema pensioni è intervenuto il direttore del Patronato Picariello: “Il sistema contributivo in vigore implica un montante che si accumula per tutta la vita lavorativa – spiega – questo è più giusto, se vogliamo, rispetto al sistema retributivo ma va tenuto conto che questo montante verrà moltiplicato per un coefficiente talmente basso che le pensioni saranno molto basse e lo scenario per i più giovani è preoccupante: abbiamo fatto una proiezione per una persona che inizia a lavorare oggi con un guadagno di 18 mila euro l’anno, tra tre anni avrà una pensione di 60 euro. Se lavora 30 anni sarà di 600 euro, se ne lavora 40 saranno approssimativamente 800. Chi poi fa part time non avrà solo una pensione bassa ma dovrà lavorare anni in più perché il calcolo dei contributi sarà di 9 mesi e non l’intero anno consecutivo”.

Uno scenario che per la Cgil mina il futuro non solo dei lavoratori ma anche del tessuto economico del territorio: “Per questo invitiamo tutti i soggetti responsabili, sindacati in primo luogo, ad un’assunzione di responsabilità: i settori con la più alta incidenza di lavoro povero sono quelli in forte crescita occupazionale, il nostro territorio ancora non misura fisicamente la cosa perché il manifatturiero tiene ma è verosimile che tra qualche anno il numero degli addetti dell’industria calerà e questi verranno riassorbiti nei settori in crescita. Così facendo aumenteranno i posti di lavoro povero che domani saranno la spesa sociale del territorio. Non conviene a nessuno arrivare a questi livelli di impoverimento, i numeri illustrati prima sulle pensioni sono le spese sociali future, queste persone andranno accompagnate a tutti i livelli, abitativo, assistenziali. E’ nostro dovere lanciare il campanello d’allarme e tutti insieme provare a trovare una risposta per invertire questa tendenza” conclude Seghezzi.