Gli sportivi e l’immagine di sè

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In alcuni precedenti articoli abbiamo parlato dell’effetto generato dalle capacità di visualizzazione e dall’utilizzo del pensiero interiore per orientare le proprie azioni… Oggi parleremo dell’argomento tanto temuto e spesso abusato in ambito motivazionale oltre che creatore di grandi sensazionalismi: il temibile “impara a vedere il successo!”.

In realtà con questo articolo cercherò di sfatare quest’affermazione, trasformandola in qualcosa di più immediato: “abituati a vederti nei successi”.

La differenza è minima, ma abissale: il presupposto della seconda affermazione è che il successo sia in realtà per tutti, non sia esclusivo e sia importante rendersi conto di quello che siamo in grado di ottenere, mentre lo otteniamo.

Ma prima di arrivare alle conclusioni è necessario fare un piccolo passo indietro ed inserire un ulteriore elemento: l’immagine di sè. “Io sono uno da podio”, “so che posso stare nei primi 10”, “sono un gregario”, “sono il bomber della squadra”, “Sono l’uomo degli europei” (cit. Cassano)… sono tutte dichiarazioni che spesso abbiamo avuto modo di sentire e, nel loro piccolo, sono grandi affermazioni dell’immagine del sè dell’atleta.

Cos’è un’immagine di sè? Una serie di convinzioni ormai radicate nell’individuo.

Come si creano? Con l’esperienza e con eventi che fanno credere all’individuo di essere ciò che questi episodi attestano: se hai preso 4 in matematica, allora vuol dire che non sei portato in matematica. Fanno credere alla persona che sia così, ma ciò non è necessariamente e oggettivamente vero, semplicemente la persona interpreta la situazione come se fosse vera.

L’elemento critico è l’assunzione di verità dell’interpretazione.

Su questi principi si basa ad esempio la psicocibernetica: essa attesta che ogni individuo è fondamentalmente “vincente”, o forse più semplicemente predisposto ad ottenere dei risultati positivi dall’ambiente (come nel Darwinismo quindi), poichè la natura ci ha dotati di un sistema a servomeccanismo (il cervello) che ci permette realizzare i nostri scopi. Il servomeccanismo si attiva attraverso le immagini mentali, visualizzazioni di ciò che dovremo fare (non serve andare tanto lontano, è ciò che facciamo ogni volta che ci fermiamo a riflettere per trovare delle soluzioni alle problematiche di tutti i giorni: pensiamo, immaginiamo, ipotizziamo e agiamo).

Quello che è importante comprendere, a questo punto, è come agisca il rapporto fra immagine di sè e capacità di ottenere risultati nelle proprie esperienze: se è vero che inizialmente l’immagine di sè viene modellata dalle risposte dell’ambiente, è altrettanto vero come poi sia la stessa immagine di sè a definire i risultati stessi! Se io mi abituo e accetto l’immagine di me come un pilota da decimo posto, molto probabilmente tenderò ad accontentarmi anche quando le possibilità di inserirmi nei primi siano alla portata.

Sembra una considerazione banale, ma qui dentro si giocano intere carriere. Io posso effettuare innumerevoli visualizzazioni, dialoghi interiori ed esercizi di concentrazione ma se ad essi non sono in grado di associare un’immagine di me che mi vede essere un atleta in grado di raggiungere gli obiettivi, questi esercizi saranno mere ripetizioni vuote.

E’ indispensabile non perdere mai di vista l’atleta che si vorrebbe essere, perchè ciò permette di mantenere vive e attive le proprie risorse cognitive. Ma soprattutto è indispensabile credere di poter diventare quell’atleta poichè abbiamo visto come sia l’assunzione di verità della credenza a fare la differenza nella creazione dell’immagine di sè.

Per questa ragione sarebbe una buona idea organizzare i propri desideri aspirazionali attraverso un approccio SMART (l’articolo di riferimento lo trovate qui) e in obiettivi a lungo, medio e breve termine (per un ripasso leggere qui): la presenza di obiettivi immediati e raggiungibili, di norma quelli a breve termine, permette di acquisire nel tempo quella fiducia nelle proprie credenze che è indispensabile per dare origine alle basi della nuova immagine di sè.

Quell’immagine in cui si può “persino” aspirare a vincere.

Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport
Per domande o dubbi: mauro.lucchetta@psicologiafly.com
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