Aborto: sempre meno casi negli ospedali di Lecco e Merate

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LECCO – Nei giorni in cui si alimenta il dibattito sulla fecondazione eterologa, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge 40, e per la drammatica notizia di una 37enne morta venerdì dopo aver assunto la pillola abortiva Ru486, una buona notizia ( e non può che apparire tale sia ad “occhi” cattolici che laici) arriva dal lecchese: le interruzioni volontarie di gravidanza sono in costante diminuzione sia all’ospedale di Lecco che in quello di Merate.

Nell’ultimo trienno, all’ospedale Manzoni si è passati dai 270 casi del 2011 ai 218 dello scorso anno; lo stesso al Mandic di Merate, dove si sono contate 181 interruzioni volontarie di gravidanza nel 2011 contro i 155 casi del 2013. Queste le statistiche elaborate dall’Ufficio Comunicazione dell’Azienda Ospedaliera, diretto da Antonio Urti, e fornite dal Dipartimento Materno Infantile.

“Una lenta ma progressiva riduzione – spiega il primario del dipartimento, il dott. Rinaldo Zanini – per l’azione finalizzata all’educazione e l’informazione delle donne per una gravidanza consapevole dei medici e di tutti i professionisti coinvolti. Informare sulla tecniche anticoncezionali le donne è lo strumento più utile per la prevenzione delle interruzioni volontarie delle gravidanze”.

Un dato che può preoccupare è quello delle donne straniere che scelgono di abortire: rappresentano circa il 40% sul totale dei casi e la media si è mantenuta costante negli ultimi anni, una percentuale più alta rispetto a quella dei parti stranieri nei due ospedali lecchesi che è il 32% del totale dei parti (ovviamente si parla di numeri ben più elevati per i parti rispetto a quelli relativi agli aborti).

Rinaldo Zanini
dott. Rinaldo Zanini

“Le motivazioni per cui le donne straniere ricorrono alla interruzione volontaria di gravidanza non con una leggera prevalenza rispetto alle donne italiane vanno ricercate da un lato in valori culturali diversi e in una informazione sui metodi anticoncezionali meno diffusa dall’altro – sottolinea Zanini – In taluni casi penso che le difficoltà economiche e sociali giochino un ruolo decisivo”.

Come si accede a questo trattamento? “L’iter per arrivare ad una interruzione volontaria di gravidanza è molto semplice e si svolge con grande attenzione e rispetto verso un momento comunque di grande difficoltà per le donne – spiega il primario – basta rivolgersi al distretto dell’ASL dove si viene accolti ed esprimere i propri problemi. Inizia così un iter che conduce all’interruzione volontaria di gravidanza in cui la donna è sempre sostenuta da professionisti allo scopo preparati. Le modalità sono uguali per Lecco e Merate”.

Una tematica, quella dell’aborto e della sua liceità, che da tempo fa discutere laici e cattolici così come quella dell’obiezione di coscienza dei medici, ovvero della possibilità per il personale sanitario di astenersi dal trattare le interruzioni volontarie di gravidanza; una scelta adottata dalla maggioranza dei ginecologhi delle strutture pubbliche tanto che, secondo le critiche, l’attuale situazione potrebbe mettere a rischio il diritto di accedere a questo trattamento.

In Italia, la media dei medici obiettori è del 70% ma anche con punte fino al 90% in alcuni ospedali. Analoga situazione anche nelle strutture lecchesi:
“La domanda è forse quanti medici non obiettori – sottolinea Zanini – Nel nostro dipartimento possiamo contare complessivamente su 6 medici non obiettori, questo numero rappresenta circa il 20% dei ginecologi del dipartimento materno infantile della nostra AO”.